Resina di un certo livello...

martedì 20 marzo 2012

Mi perdo

A volte mi perdo. Non posso farci nulla. A volte, in giornate assolate, ma senza troppo caldo nel cielo, inizio a camminare, un passo dopo l'altro. L'intenzione, in quelle giornate lì, non corrisponde alla meta ma alla medesima azione che compio: l'intenzione del camminare è il camminare stesso. E allora cammino per strade e vicoli, ascoltando la colonna sonora della mia vita di quel momento e guardando attentamente tutto ciò che incontro. Mi perdo volontariamente seguendo l'andamento della strada, segnando il mio percorso con piccoli obiettivi, come peschi in fiore, palazzi d'altri tempi o semplicemente qualcosa di sconosciuto. Mentre la vita che abbiamo costruito ci impone, dittatorialmente, di proseguire per punti, di muoverci da un luogo all'altro secondo un preciso schema, una precisa necessità e volontà, a volte sento il bisogno di lasciarmi andare tra le vie più sconosciute.
A volte mi perdo, e lo faccio un po' con tutto: mi perdo nel tempo, mentre progetto, decido, risolvo. Posso perdermi guardando aerei che se ne vanno lontano, o sentendo la mia voce alterata durate un litigio. Posso perdermi nella noia e nella finta allegria.
Mi perdo.
Ma tanto poi la strada la ritrovo sempre.

mercoledì 14 marzo 2012

Ritorno agli anni '80 - Una ricostruzione non storica

Sono nato proprio in quegli anni, quindi dire che l'ho vissuti è dire troppo. Nonostante questo dire che io non li abbia vissuti affatto è dire troppo poco... Si perché degli anni '80 mi sono rimaste molte cose, cose che a molti potrebbero non dire nulla perché caratteristiche della mia sola infanzia, ma che sono indelebilmente legate a quegli anni. 
Prima di tutto una cosa: negli anni '80 c'era il sole. Eh si, il sole in quegli anni lì c'era per davvero e non faceva finta. Ricordo che quando uscivo nel mio bellissimo giardino potevo sentirne la presenza, in alto, e l'effetto, in basso, negli angoli. Negli anni '80 c'era però anche la notte, e la notte a quel tempo era molto più semplice; ricordo che iniziava con il ritorno di mio padre dal lavoro, qualche programma alla tv (una grande tv a tubo catodico), le suppliche a mia madre per restare sveglio ancora un po' e poi un sonno senza pretese ma con qualche paura, ma che comunque filava liscio come non mai. Ora avviene il contrario: ogni sonno è ricco di pretese e senza troppe paure, eppure è sempre tormentato. 
Gli anni '80 avevano i programmi tv, che erano semplici programmi. Potevano piacere come non, eppure non erano programmi di azione sociale, non c'erano barzellettieri che si fingevano sovrani, non c'erano pupazzi che si fingevano re. Al massimo, qualche anno dopo si sarebbe potuto vedere "gommapiuma"...
Negli anni '80 non avevano ancora inventato gli sbalzi d'umore, non avevano ancora previsto le crisi economiche e il frigorifero si riempiva magicamente. In quegli anni poi le tute non erano "acetate" (almeno non le mie) e potevo mettere d'estate i pantaloni corti, cavolo quelli da ciclista elasticizzati, senza sembrare un emerito cretino. 
La popolazione in quegli anni era davvero felice e, pensate, l'America era appena dopo le montagne che si vedevano da casa mia... Il mio giardino aveva poi due cani, non uno ma addirittura due. 
Nella mia camera c'era l'MSX, che il NES costava troppo (ma che comunque avrei avuto da lì a poco).
Ma soprattutto, negli anni '80 si credeva davvero che i decenni a venire sarebbero stati persino più belli, cosa che invece non era vera...
Quando mi ricordo degli anni '80 ho il ricordo di qualcosa di bello, ma non so quanto fosse merito loro o quanto del mio modo di vedere le cose...

lunedì 12 marzo 2012

Radiohead - Codex




Slight of hand.
Jump off the end,
into a clear lake,
no one around.
Just dragonflies fantasized.
No one gets hurt.
Done nothing wrong.
Slide your hand.
Jump off the end.
The water’s clear
and innocent.
The water’s clear
and innocent.

giovedì 8 marzo 2012

Gene spirit

Bene, dopo il video di qualche post fa, ovvero "Polemica, con R. Dawkins", nel quale ci si può fare un'idea su ciò che pensa lo scienziato della religione, è magari bene parlare di ciò che pensa in relazione all'evoluzione. Vogliamo farla breve? Ok: per Dawkins l'evoluzione è la preservazione e la propagazione del dna. Senza se e senza ma. Mentre si è sempre ritenuto che il processo conservativo che ci ha condotti fino a questo punto fosse relativo alla conservazione dell'individuo e della sua comunità, con la sua teoria viene a formarsi una grande rottura in tal senso. Si perché secondo Mr Dawkins quello che conta davvero non è la persona ma il suo materiale genetico, ed ecco allora che ogni aspetto della nostra vita, ogni gesto quotidiano, sarebbe indirizzato unicamente alla propagazione del suo dna. Ora, sicuramente, appare come un punto di vista decisamente estremista e che può "soffocare" il punto di vista di una vita (quella umana) articolata tra le sensazioni e, soprattutto, tra le emozioni. La nostra civiltà utilizza queste (le sensazioni e le emozioni) in un modo un po' differente rispetto agli altri animali: l'uomo infatti tende a razionalizzarle (vuoi anche per la complicità delle strutture prefrontali) e, se ci pensiamo bene, a porre alla base della propria civiltà questa stessa opera di razionalizzazione. La nostra civiltà (le varie culture umane si differenziano tra le altre cose anche per il modo in cui compiono tale processo) pone alla sua base la capacità di frenare ed elaborare istinti, emozioni, sensazioni e così via. Questo stesso fatto potrebbe entrare in conflitto con l'idea che l'evoluzione riguardi il dna e non l'uomo di per sé, se non si considera il fatto che le stesse esperienze mentali che ci caratterizzano possono essere uno dei tanti mezzi che il processo evolutivo possiede per andare avanti. Sappiamo infatti il ruolo fondamentale che le strutture limbiche (quelle adibite all'aspetto emotivo) possiedono per la salvaguardia dell'individuo (ovviamente anche animale...) come anche all'integrazione nella propria comunità... E per quale motivo dunque le strutture frontali non dovrebbero avere il medesimo ruolo in tal senso? Perché non dovremmo guardare alla nostra specificità come uno dei tanti meccanismi sorti in natura per la proprio preservazione? Se guardassimo in tal senso forse allora si potrebbe accettare maggiormente anche l'idea che non siamo noi a preservarci, ma ciò che ci caratterizza alla base... Altruismo, egoismo, prosocialità, amore, odio, empatia, sarebbero tutti meccanismi atti alla preservazione e alla propagazione del proprio materiale genetico.
Fastidiosa come visione, vero?



venerdì 2 marzo 2012

Come potrebbe essere...

Mi chiedo spesso come sarà. Me lo domando e mi rammarico nel sapere che non avrò risposta; no, non ce l'avrò fino a quel momento. Mi rilasso perché so che prima o poi lo saprò, si quando lo vivrò. Però poi mi rammarico ancora, perché mi rendo conto che non ne avrò memoria, non avrò il tempo per averne un ricordo, uno di quelli leggermente offuscati, difficili da avere in testa. Poi senti di gente lontana a te che se ne va, e va bene perché, ti dici, "meglio un mito che un conoscente, un amico, un fratello...si meglio un mito" però allo stesso tempo ti rendi conto che quel mito, quell'antonomasia di se stesso, ha incontrato quel momento, c'è andato incontro, esattamente come si supponeva facesse. 
Non posso farci nulla, mi chiedo spesso come sarà e quando sento di queste situazioni un sorriso mi si stampa in faccia. Con semplicità.