Resina di un certo livello...

giovedì 30 giugno 2011

Without you - Eddie Vedder


I’ll grow when you grow
Let me lose it up the blind fold
I’ll fly when you cry
Lift the side of this landslide

Wherever you go, whenever we part
I’ll keep on healing all the stars
That we’ve collected from the start
I rather this than live without you

For every wish I hold a star
That goes old and set in the dark
There is a dream I’ve dreamt about you
From afar I lie awake

I close my eyes to find I wouldn’t be the same
I’ll shine when you shine, painted pictures over my mind
Some sad song this ocean, never wanted some by devotion

However you are or fold that you fall
I’ll keep on healing all the scars
That we’ve collected from the start
I rather this than live without you

For every wish I’ll hold a star
(That goes old and set in the dark
There is a dream I’ve dreamt about you
From afar I lie awake
I close my eyes to find I’ll never be the same
Without you..without you. 

Universi olografici - Parte I - Ologrammi

Stavo per mettere il tutto in un Alternative, ma poi ho pensato che quella Olografica è una teoria vera e propria, sviluppata da diversi autori e che ha un polo realistico ed applicativo ed un altro del tutto teorico. 
Prima di tutto: Ologrammi? Si, esatto, ologrammi ma scordiamoci per il momento questo: 

non sto parlando di fantascienza (anche se ultimamente si sono ottenuti risultati simili a questo), sto parlando di piastre olografiche, ovvero piastre di un particolare tipo di materiale, le quali subiscono un processo di registrazione di immagini tramite laser. E' come se si trattasse di un'incisione fotografica fatta con tutte le diverse prospettive. 
Qui potete vedere zio Tibia in posa olografica


Il risultato è appunto quello di un'immagine (che per la riproduzione richiede l'esposizione diretta e dritta, di una fonte luminosa) la quale sarà visibile a seconda del nostro punto di vista. Immaginate di sporgervi verso destra nel tentativo di osservare la parte sinistra del teschio qui sopra: essendo un ologramma ne vedrete appunto il lato sinistro. Non ho intenzione di scrivere del processo necessario per la produzione di queste piastre olografiche in quanto, non solo non ne sono un esperto, ma non è neppure il mio intento quello di parlarne. Quello che posso dire però è che l'irradiazione proveniente dal laser produce l'incisione della stessa immagine tantissime volte, con una parziale sovrapposizione. Quello che si ottiene è più o meno questo:

Una serie infinita di "cerchi", una serie infinita di immagini tutte uguali che insieme ne formano un'unica. La domanda più divertente del mondo che si può fare ad un possessore di una piastra olografica è "Scusa, posso spezzarti in due la piastra?" e no, non si tratterebbe di sterile bullismo. Perché no? Perché la rottura della piastra farebbe si che ci fossero due piastre olografiche perfettamente funzionanti e riproducibili entrambe per intero l'immagine originale. Se poi al proprietario non è venuto un infarto nel vedere la sua preziosa (e credo anche nel senso economico del termine) piastra in pezzi potreste chiedergli di romperla ulteriormente perché tanto il prodotto sarà sempre lo stesso: ogni piastra  manterrà la sua capacità di riprodurre l'immagine. Come mai? Basta tenere a mente i cerchi: l'immagine originale è prodotta da un elevato numero di immagini tutte uguali, questo vuol dire che l'informazione incisa è ripetuta infinite volte e dunque archiviata in ogni dove, all'interno della piastra! Rompere la piastra non sortirà l'effetto di rompere un marchingegno per la riproduzione, semplicemente perché non esiste nessun marchingegno, come noi lo intendiamo. Nel caso degli ologrammi il processo usato è quello ricorsivo, ovvero la stessa informazione in piccolo ripetuta "n" volte, produce una uguale informazione più grande e quindi maggiormente funzionale e fruibile. Dico: vi ricorda qualcosa? Nelle parti seguenti magari capirete dove voglio andare a parare!

mercoledì 29 giugno 2011

La vostra magia si chiama "Place Cells"

Al fenomeno conosciuto come "Déjà Vu" sono state attribuite le più disparate e fantasiose spiegazioni che vanno dalla reincarnazione, la preveggenza fino ai viaggi spazio-temporali. Personalmente mi è sempre piaciuto pensare che le spiegazioni più affascinanti siano quelle che pur vicine a noi non riescano a trovare facile spiegazione. Lasciando da parte dunque preveggenze e viaggi dell'anima, oggi la teoria che più pare verosimile (verosimile, perché da qui a dire che il fenomeno del Dèjà Vu è del tutto compreso ce ne vuole...) è quella delle "place cells". Nel nostro caro cavalluccio marino cerebrale (vedi: Ippocampo) c'è un gruppo di neuroni (le place cells, appunto) le quali hanno la particolarità, tramite le loro caratteristiche di scarica, di "segnare" la posizione dell'individuo su di un campo topografico. Si potrebbe immaginare una sorta di mappa dell'ambiente esplorato al momento e le place cell in questione, attivarsi in base alla posizione che l'individuo ritiene di occupare in quel preciso istante. Va di conseguenza che questo sistema di localizzazione neuronale sia indiscutibilmente legato alla sensazione di familiarità, che il luogo (e la mappa neuronale) suscitano. Un errore, o un falso "matching" con un altro luogo produrrebbe un'erronea sensazione di familiarità, amplificata tra l'altro, dall'incongruenza cognitiva riscontrata dall'individuo. Al di là delle "place cells" poi c'è la teoria mnestica, ancor più semplicistica: in questo caso la sensazione di familiarità sarebbe suscitata da una traccia mnestica (un ricordo, ma anche meno) attivata da un particolare dell'ambiente o dalla situazione il quale tuttavia non è recuperabile attivamente dall'individuo. Per fare un esempio: vado a trovare un conoscente nella sua casa al mare dove non sono mai andato e, una volta lì, un quadro, un oggetto o quant'altro mi attiva inconsciamente una traccia mnestica relativa ad un oggetto della mia infanzia o del mio passate del quale tuttavia non conservo ricordo alcuno. Il risultato in questo caso sarebbe la sola sensazione di familiarità. Pensiamo poi a tutti gli altri canali sensoriali non necessariamente visivi; pensiamo alla potenza mnemonica dell'olfatto...
Insomma a volte la magia ha addirittura ancor meno valore magico delle spiegazioni plausibili. 

Comunque...

martedì 28 giugno 2011

Il nulla di o






Resta giù, superando ogni limite
 Lei soffre ma la pena può ridere 
Ci toccherà combattere la noia come ogni volta che rimani sola 
Non è più così, cosa cerchi non è lì 
e non serve esser sani se poi vivere è tragico 
 Cud cu cu
 C'è un errore tra di noi 
Cud cu cu 
Che stiamo immobili,
 restiamo immobili
 finchè verrà a salvarci

martedì 14 giugno 2011

Pregiudizi on the road

Una volta una persona mi ha detto :<< Si, ok, il pregiudizio sarà un vizio di forma mentale, sarà un errore, ma prima di dire che è completamente sbagliato forse bisognerebbe avvicinarsi il più possibile alla realtà che vive colui che formula il pregiudizio. Dirlo così, da esterno, è troppo facile.>>. E' vero, non c'è nulla da fare. Non avendo nulla a che fare con la situazione che ha scaturito il pregiudizio non si potrà comprendere nulla di esso, tanto meno la sua vicinanza con la realtà dei fatti... Potrei ora fare una caterva di esempi più o meno inflazionati partendo naturalmente dagli extracomunitari, passando poi per le categorie sociali e lavorative per finire in grande stile con le differenze sessuali. Insomma: c'è un mondo vivo e pulsante che aspetta infamie e turpiloqui. Ma ho deciso di non farlo. No, sarebbe troppo facile. Ho deciso invece di prendere come esempio, qualcosa di di più soft, qualcosa di quotidiano ma di non inflazionato, qualcosa che spesso è denigrato dalle persone ma che non infiamma le discussioni. La parola del giorno è: videogames.  Videogames...giochi a video. Già dal nome stesso partiamo male e mi trovo in salita. Il pregiudizio che spesso si lega ai videogames è appunto caratterizzato dal fatto che vengono considerati dalle persone in qualità di meri giocattoli visivi, qualcosa quindi destinato ad un pubblico di infanti e di infantili, qualcosa che non possa insomma offrire nulla al di là del solo intrattenimento. Il problema, come per quasi tutti i pregiudizi, è la base di realtà: i videogiochi nascono in questo modo e per questo scopo e la loro primissima e significativa evoluzione (tra gli anni 80 e i 90) è rientrata comunque in questa accezione. Questo porta ad oggi ad un immaginario collettivo legato a quel tipo di intrattenimento, aiutato poi da schifezze senza senso audiovisivo alcuno. Vedasi questo: 

Quello che sto cercando di dire è che è vero, da un certo punto di vista, che i videogiochi non sono altro che giocattolosi intrattenimenti i quali, una volta dismessi, non lasciano altro che le ore trascorse ad usarli. Ma vi sembra forse possibile che non vi sia un'alternativa? I film sono tutti demenziali o d'azione? Siete pronti a scommettere importanti parti del vostro corpo (senza citare quali) che tutti i cittadini di un determinato stato puzzino o siano criminali? O che tutti gli appartenenti di una determinata categoria di lavoratori sia effettivamente figli di una poco di buono? Ecco: allora non tutti i videogames saranno necessariamente una schifezza (vedi sopra). E allora, se un pregiudizievole si avvicinasse giusto con un pizzico di umiltà ad opere audiovisive come questa 

scoprirebbe la differenza tra un film e un videogioco e la ragione d'esiste di questi ultimi. Volete che ve la dico? Ok: i primi sono passivi, assorbi un'atmosfera e un messaggio, i secondi invece sono attivi, vivi quell'atmosfera decidendo tu come viverla e districandoti in un mondo interattivo. E' questa la vera ragione d'essere: l'interattività. Per la prima volta le opere che creiamo interagiscono con noi, richiedendoci determinate abilità e decisioni. Il nostro caro pregiudizievole dunque premendo "start" si troverà a dover risolvere problematiche legate sempre al ragionamento le quali possiedono anche un certo margine di adattabilità alle nostre azioni. Poi viene l'atmosfera, poi la storia e il mondo coerente sempre con se stesso. Se accendi la tv e trovi un film scadente non puoi ritenere che tutti i film lo siano (neppure se ne trovi dieci di fila), così per i libri, così per le persone...così per i videogiochi. The legend of Zelda è un esempio, sia chiaro, ma tra tutti penso sia l'esempio migliore. A distanza di tredici anni molti ancora si incantano davanti a ciò che offre, e molti ancora questionano sui significati nascosti di trama, simboli e gameplay. Questo a significare di come qualcosa che nasce per il solo intrattenimento, possa maturare e offrire riflessione in ogni suo aspetto. 
Dunque è vero: per parlare e smontare il pregiudizio bisogna conoscere i fatti che conducono ad esso, bisogna attingere a piene mani nelle situazioni da cui origina per capirne poi al meglio gli aspetti. Ma poi bisogna tornarne indietro, coscienti del peggio, per apprezzarne il meglio. 



lunedì 6 giugno 2011

Previously...on Breaking Bad!

Chi se l'è perso corra ai ripari. Si ma adesso. Ora, in questo istante. Non solo perché è fatto bene, non solo perché è recitato in modo sublime (non prendete in considerazione i doppiaggi grazie), non solo perché ha più risvolti di un cassetto di calzini, ma anche e sopratutto perché il 14 di Giugno inizia la quarta stagione!

Quando ho visto la locandina della serie e ne ho letto la trama, non avevo ben capito di fronte a cosa mi trovassi. Poliziesco? Hanno le pistole... Spacciatori? Dai, cucinano anfetamine. E' una di quelle serie che se non la vedi non ci credi. Non dico nulla della trama se non il fulcro sul quale si basa: la reazione a catena degli eventi. Prendi una decisione qui ed ora e se hai la fortuna di avere un punto di vista isolato e distaccato (come quello di un telespettatore, ma guarda un po'!) ti renderai conto di come gli eventi si concatenino fino all'assurdo. E il bello è che la vita è davvero questa. E il background di questo concetto è la società e cultura americana. Quella che si scandalizza tanto da essere scandalosa ma che, davanti ad eventi importanti e di poco più imprevedibili della quotidianità, perde la testa e rinnega se stessa. Insomma un intrigo continuo dove la scienza la fa da padrona scellerata. 


sabato 4 giugno 2011

Essere...e come essere

Non siamo il lavoro che facciamo, o il titolo di studio che possediamo. Sono loro a dover essere come noi siamo, mai il contrario. Dimentichiamoci allora la storia d'essere quel che ci dicono d'essere durante le 24 ore, i limiti imposti dai voti, dai cartellini e dai timbri. Penso che l'unico nostro limite possa essere quello del nostro stesso pensiero. Sempre e solo il limite che abbiamo, mai quello che ci attribuiscono.