Resina di un certo livello...

domenica 29 gennaio 2012

'50 in technicolor

Una volta un mio amico, con più del doppio dei miei anni, mi ha raccontato di quando ha ritrovato una foto, di quando era giovane, a colori... Non so se si trattasse di una delle rarissime e primissime foto a colori o se fosse stata colorata successivamente, fatto sta che quando la fece vedere al figlio (mio coetaneo) questo gli disse sorpreso "Ah ma allora anche voi eravate a colori...". Questa frase ha colpito molto il mio amico perché per lui, che è nato alla fine degli anni '40 e ha vissuto quell'epoca ormai troppo lontana da noi, appare ovvio che fossero a colori (e ci mancherebbe...), ma non aveva mai pensato a come uno della nostra generazione potesse guardare a quelle foto... Nonostante anche noi sappiamo benissimo che i colori ci sono sempre stati, ci sembra sempre difficile immaginare quelle foto sbiadite in tonalità di grigio come un'immagine sbagliata della realtà, un'immagine alterata. Anche a me succede di guardare le foto dei miei genitori o dei miei nonni e di non riuscire ad immaginare quell'Italia così lontana a colori, in technicolor; quasi come se la tecnologia abbia "plasmato" la nostra immaginazione. 


Ma da un certo punto di vista mi rassicura questa storia: perché so che, nonostante tutto, il mondo è sempre stato un po' simile a come è ora e che anche domani, forse, non cambierà più di tanto. Almeno per i colori... 

giovedì 26 gennaio 2012

Osmosi di idee

Una volta ho sentito una frase decisamente accattivante in Fringe: le idee si muovono per osmosi. L'osmosi è un processo presente in biologia, per il quale le molecole tendono a muoversi (attraverso membrane semipermeabili) dove è presente una loro minore concentrazione. Quindi le idee migrerebbero in luoghi dove non sono presenti, attecchirebbero e prolifererebbero nelle teste dove non sono. 
Pensiamo sempre che le idee, così come la nostra stessa mente, siano cose del tutto eteree, cose quindi prive di regole e di funzionamenti come quelli che regolano il mondo fisico; addirittura alcune persone sono anche pronte a negare che la mente abbia un proprio funzionamento, figuriamoci altro. Non voglio dire che le idee siano soggette necessariamente a leggi proprio come gli oggetti, come le cose del nostro mondo, ma piuttosto che se proprio le idee si debbano muovere secondo un moto simile all'osmosi, credo che questo debba funzionare più che altro al contrario. Penso che un'idea emigri, si moltiplichi, in una mente che di idee già ne ha, che già ha avviato un qualche tipo di ragionamento, di processo di pensiero. Non è detto che debba essere per forza di cose lo stesso ragionamento o lo stesso tipo di idea, ma credo che per ricevere un'idea, bisogna averne un'altra di fondo. Solo con un pensiero proprio si può accettare quella di un altro. 

lunedì 23 gennaio 2012

Lenta lettura

Un tempo quando prendevo in mano un libro, come lo iniziavo lo finivo. Non d'un fiato, senza pause; ma procedevo in modo costante, con una lettura uniforme. Il libro era mio compagno, sul treno all'andata e al ritorno, prima di dormire, nelle pause. Ora invece il libro ha un altro ordine, un altro andamento: si interpone nella mia vita modificandola, o modificando il mio modo di viverla. Spesso si dice che il libro è come un amico, perché ti accompagna e ti tiene compagnia, ma vorrei vedervi con un amico sempre accanto, nella borsa, ovunque andiate, o sempre lì prima di addormentarvi. In questo momento della mia vita, il libro è un vero amico: mi aspetta placido, senza rotture di palle o scenate di gelosia, perché sa che ci sono e che tornerò. Il libro che mi aspetta, nella mia libreria in questo istante, è un libro che ogni volta che torna a far capolino nella mia mente mi regala momenti di interessante riflessione, momenti che non puoi divorare come divoreresti storielle banali, perdendone semplicemente il significato e la profondità: un libro che va assorbito poco per volta, che va fatto crescere dentro di sé, proprio come vanno fatte crescere le esperienze di vita condivise con un amico. 
Sarà un momento o sarà per sempre, non lo so, ma ho cambiato marcia alla lettura, passando da una veloce e leggera, che ti fa attraversare milioni di ambienti e paesaggi portandoti dritto alla meta, ad una marcia lenta e da crociera che ti dice dove ti trovi e ti permette di osservare bene al di là del vetro, mentre sempre e comunque alla meta ti porta.


sabato 21 gennaio 2012

Tv-zapping on the night

L'altra notte in uno dei miei tanti pellegrinaggi televisivi in attesa che il sonno sopraggiungesse mi sono imbattuto nel faccione di Lucarelli. Ovviamente la prima cosa che ho pensato è stata: omicidi. La seconda è stata Fabio De Luigi, ma lasciamo stare. Invece no, si trattava di un altro tipo di programma: parlava di Billy Barattolo, ovvero William Campbell, ovvero della storia di come Paul McCartney fosse morto e sostituto da un sosia. Conoscevo di striscio questa storia (anzi, questa teoria), sopratutto per i tanti messaggi contenuti nelle copertine degli album (dai piedi nudi, alla scritta "I was" sotto al cantante e bassista e così via...).  La teoria sostiene che il cantante non fosse morto in un incidente, bensì strozzandosi con un salatino. A favore della teoria sarebbe la merdosità dei salatini dei pub inglesi, con tanto di testimonianza di Antonio Caprarica. La storia dell'incidente (facilmente confutabile) sarebbe stata inventata invece da John Lennon...

Antonio Caprarica , soprannominato da alcuni "Criceto". 
Non so proprio il perché.


Devo dire che la parte migliore del programma, il quale andava avanti con il medesimo alone di mistero e la medesima presentazione dei fatti, prove e dubbi di "blu notte", fosse indiscutibilmente quella relativa alla musica.  Quando parlava degli album e di piccoli retroscena (accertati) relativi all'uscita dei medesimi il mio sonno si allontanava sempre più... Il risultato di un'oretta di storielle su sosia di cantanti e improbabili soffocamenti è stato solo uno...farmi riprendere Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e farmi capire sempre più quanto i Beatles abbiano dato alla musica...ma farmi anche (solo purtroppo) immaginare quanto dovesse essere avveniristico ascoltare canzoni del genere in anni, a noi, così lontani. Forse vivendo negli anni '60 e ascoltando un album del genere mi sarei immaginato una musica omogeneamente evoluta nel 2000...e invece...

Avrei anche potuto mettere...che so...Lucy in the Sky with Diamonds
ma questa fa capire che mescolanza di suoni e che 
inarrivabilità di stile avessero...1967

venerdì 20 gennaio 2012

Si stava meglio quando si stava peggio

Sono giorni di agitazione in rete. Tra acronimi, chiusure, censure e attacchi a siti governativi, abbiamo sempre più la sensazione che anche internet stia conoscendo per la prima volta il sapore che nasce  manifestazioni e cortei prima, attacchi e guerre su larga scala poi. Non ho voglia di scrivere un articolo su SOPA o PIPA, o su quanto successo nella notte tra megaupload e Anonymous, un po' perché le mie opinioni non si discostano poi molto da tante altre trovabili in rete, un po' perché sarebbe inutile (forse) e un po' banale (certamente). Voglio invece scrivere più generalmente su internet. La mia età mi permette di fare un raffronto tra il prima e il dopo, tra quando non c'era internet a quando è stato introdotto e infine a quando è maturato. Faccio parte di quella generazione che ha vissuto il cambiamento in prima fila, non troppo giovane per non capirci nulla, non troppo grande per avere difficoltà nell'apprendere una nuova tecnologia. La novità più grande che Internet ha apportato alla mia vita è stata l'informazione: con informazione non intendo la possibilità si essere aggiornati in tempo reale sulla politica o sulla cronaca, o avere sempre sott'occhio il meteo, intendo avere (più o meno) sempre la possibilità di avere una risposta ad una domanda. Prima di avere la rete a disposizione il mio computer era vuoto, era un mezzo per la videoscrittura (al massimo) o per i videogames, nulla di più; era una schermata blu con cursori bianchi che attirava interesse come ogni altro oggetto dalle potenzialità finite. Ma quando arrivò la 56k arrivarono le informazioni (caricate con lentezza eh...), arrivarono i primi siti con sfondi improponibili e che quasi ti servivano su di un piatto la congiuntivite... arrivavano i fansite, e le primissime ricerche sui "motori di ricerca" (ancora nessun monopolio per eccellenza). Poi più in là è arrivata la possibilità di scaricare filmati, film, giochi, libri, e di connettersi con gli altri. Ed è qui, al momento della maturità, sua e mia, che ho capito la caratteristica irrinunciabile della rete: la connettività. Non intendo solo la possibilità di farsi gli affari altrui su FB et similia, ma intendo la capacità di creare reti di connessione tra persone, gruppi di persone e informazioni. La capacità di internet è quella di abbattere il limite dello spazio (distanze) e del tempo (l'immediatezza di un dialogo) eppure a mio avviso fa di più: ti permette di aggregarti con altri all'insegna di un argomento, un motivo e un obbiettivo. Ti permette di ottenere cose che fisicamente sarebbe difficile ottenere, disancorandole dalla fisicità stessa. Internet è un mondo di informazione pura, senza alcuna forma di fisicità. 



Ecco, con gli ultimi risvolti si intuisce cosa si potrebbe perdere. La diatriba che più facilmente si apre è quella relativa alla legalità del download di materiale coperto da copyright e sulla moralità che ne dovrebbe conseguire. Tuttavia reputo che la rete sfugga ai limiti concreti ai quali il nostro mondo è soggetto, a tutti quei limiti di concretezza sui quali abbiamo fondato le regole civili. La legge la fa il più forte e il più forte dice che una proprietà è gestita da terzi; i terzi vogliono sostenere che se ottieni una copia di tale proprietà, questi ti possano perseguire legalmente. Vogliamo insomma imbrigliare un mondo puramente informativo nelle regole di un mondo puramente concreto, vecchio, snaturandone l'essenza che da sempre lo caratterizza. Forse il giorno in cui ci saranno dogane per entrare in domini differenti dal .it, e dove la connettività e la sua astrattezza verranno meno sarà il giorno in cui spegnerò definitivamente il mio router e anche io cadrò nella nostalgica frase: "si stava meglio quando si stava peggio".

domenica 15 gennaio 2012

Superfici lisce

Questa notte in metropolitana un polpastrello ha sfiorato un tubo di sostegno. Ne ho sentito la superficie ed era liscia... Ho pensato a come fosse gradevole la superficie liscia delle cose...ho pensato a come potesse essere un meraviglioso complimento da fare ad una persona. Perché se dici a qualcuno che è "la superficie liscia delle cose" è come dire che è la sensazione inaspettata di semplicità, una sensazione di perfetta mancanza di resistenza...


martedì 10 gennaio 2012

Noi siamo il seguito

Ho sempre pensato che quando getti un'idea possano esserci in molti sotto a raccoglierla, un po' come pesci con le molliche di pane. Ma a volte le idee, o meglio le tendenze, possono avere effetti addirittura inaspettati; possono a volte diventare un ramo culturale, tanto importante da intaccare il modo stesso di vivere della gente. Un caso di questo tipo, chiaro ma che comunque definirei innocuo, è quello di Babbo Natale. L'idea in sé non è recente, per carità, e ha origine con santi e storie di vario genere (in base ai paesi), tuttavia la sua icona, la sua immagine, ha una storia che può sorprendere. Il panciuto e peloso signore è stato "inventato" da quei simpatici signori della Coca-Cola. Eh si. L'idea di un signore vestito di rosso deriva dall'intuizione dei pubblicitari dell'azienda degli anni '30, i quali lo raffigurarono di rosso per ovvi motivi, ispirandosi ad un occasionale camionista incontrato lungo un viaggio. Non posso che pensarci ogni volta che arriva il Natale...

Se vi state chiedendo il perché di quelle guance rosse...allora 
interrogatevi sugli ingredienti della Coca-Cola.


Ma va bene, si potrebbe rispondere, a chi importa dove è nata la figura odierna del Babbo...ma quando si tratta invece di cambiare radicalmente opinione sul valore degli oggetti? La frase, tanto amata da tutti gli uomini del mondo, "Un diamante è per sempre" ha già qualche annetto...Per qualche annetto intendo un bel po' di anni, ovvero da quando il diamante ha preso il valore (decisamente importante) che si ritiene che abbia. La tarda scoperta del diamante, al principio, ha fatto ritenere che questo fosse un materiale effettivamente raro (oltre che utile viste le sue proprietà) e così la sua commercializzazione in quanto gioiello ha portato ad un prezzo elevato. Tuttavia la successiva scoperta di ulteriori (e abbondanti) miniere di diamanti ne ha determinato un crollo del valore. La soluzione è presto detta; la famiglia Rothschild, la quale detiene la gestione delle miniere in Sud Africa ha sfruttato un mezzo nuovo (per l'epoca) e rivoluzionario: la pubblicità. Bombardi le persone con una frase, la quale rappresenti un valore, elimini l'informazione vera dalla circolazione (ovvero il valore effettivo dell'oggetto) e il gioco è fatto. L'immagine pubblicitaria infatti ha una particolarità, ovvero quella di colpire l'immaginario della gente. Nell'arco di una generazione i giochi era fatti, i diamanti avevano preso un valore sproporzionato, tanto da giustificare l'espressione "...per sempre". Ho provato a dire a molti questa storia dei diamanti, eppure in pochi m'hanno creduto, nonostante l'avessi letta da fonti giornalistiche certe. Questo probabilmente perché si viene da un retaggio culturale che ancora oggi esercita la sua azione sul nostro immaginario e sui nostri gusti. 
Quando lanci un'idea, nel bene o nel male, quell'idea ha bisogno di un seguito per crescere, per ingrandirsi e magari per migliorarsi. Nel bene o nel male quel seguito siamo noi...