Resina di un certo livello...

giovedì 29 dicembre 2011

Questioni di linguaggio

L'aspetto conta, a volte moltissimo. Di certo il giusto aspetto permette la migliore diffusione di un'opera, o concetto, ma quando questo finisce per primeggiare addirittura sul messaggio stesso, è quello il momento in cui bisognerebbe fare un passo indietro. Se è necessario rinunciare alla propria identità, alla propria caratteristica distintiva e al proprio stile in nome della diffusione, si produrrebbe a mio avviso l'effetto contrario: saremmo inondati (più di come avviene effettivamente) di tanti cloni i quali si moltiplicherebbero con fare mitotico in nome della perfezione o dell'evoluzione. Allora si che oltre alla noia troveremmo impossibile trovare il messaggio di fondo, quello che da principio doveva essere soltanto veicolato dall'aspetto, dal linguaggio e così via...
Un esempio pratico? Nel cinema troviamo tanti generi, tanti modi di rappresentare l'immagine e tanti contenuti sui quali riflettere, eppure per alcune rappresentazioni difficilmente riusciamo ad attribuire un valore (a primo impatto) rispetto a come faremmo con altre. Potreste pensare ad un film per bambini, oggi, in bianco e nero, muto e con soli attori in carne ed ossa? Probabilmente no. Potrebbe mai esserci una produzione contemporanea di questo tipo? Certo che si: la sua riuscita dipenderebbe dalla bravura dei responsabili, ma potrebbe essere. Potreste mai pensare ad un film sulla guerra, sulla sofferenza e sullo spaesamento che essa genera, vedendo un cartone animato dai colori "pastellosi"? Probabilmente no, ma se vedeste "Una tomba per le lucciole" forse sarebbe tutto più chiaro. 



Il film di Takahata è la testimonianza di come un linguaggio, un aspetto o una rappresentazione, non possano essere prese ad etichette perché ogni convenzione può essere stravolta e riformulata. I veri geni sanno fare questo: stravolgere le convenzioni e stravolgere le tue convinzioni. Takahata e Miyazaki dello studio Ghibli sanno confezionare con stile unico e inaspettato messaggi e concetti meravigliosi, a volte anche complessi. Il "castello errante di Howl" si presenta come una favola ma intanto ti tocca le convinzioni sociali, ti scombussola la logica e ti lascia affascinato. Questi sono solo esempi, perché poi di queste cose ce ne sono a bizzeffe, bisognerebbe solo scoprirle, ma per scoprirle è necessario lasciare da parte le convinzioni sul linguaggio e l'apparenza. Bisognerebbe capire il contenuto predisponendosi a capirlo, invece di lasciarsi condizionare unicamente da come questo si presenta.

domenica 25 dicembre 2011

Pyramid Post

Pyramid, come una piramide di pietra, con valore culturale, sociale, storico e religioso. Pyramid come cellule della forma conica per via delle suo proiezioni. Pyramid come una perfetta successione di collisioni di molecole d'aria, una perfetta successione di note musicali. Pyramid.






sabato 24 dicembre 2011

A me, me piace! [cit. nucleo accumbens]

Quello che adoro delle neuroscienze è la capacità di dare spessore alla realtà. Non che questa non ne abbia, ma ce l'ha solo in un verso, mentre se vedi le cose dal punto di vista neuroscientifico lo spessore acquista nuova dimensione. E così penso a quanto mi piace questa cosa, e mentre penso a quanto mi piaccia questa cosa posso pensare a "come" mi piaccia. Si, perché il piacere stesso, inteso come senso di gratificazione o anche come piacevole sensazione che si prova in determinati momenti, prende origine da un punto preciso (o da una via che porta in un punto preciso) e da una sostanza precisa. E questo non dà forse nuovo spessore? Un rilascio di dopamina nel nucleo accumbens, ecco uno dei meccanismi (forse il principale) che porta alla sensazione di piacere, di gratificazione, di benessere...


Ma non si tratta di riduzionismo il mio...Non si tratta di credere che sia solo un ammasso gelatinoso di reti neurali: si tratta di averne cognizione e si tratta di sapere che dietro una struttura ce n'è un'altra. E questo fatto, proprio questo fatto, fa si che sia possibile che dietro quest'altra struttura...ce ne sia un'altra ancora. Sapere che abbiamo un motore sotto il cofano ci rende più umani di qualsiasi altra ipotesi costruita sulla magia, di qualunque altra speranza un po' strampalata. 
Neuroscienza...a me, me piaci!

lunedì 12 dicembre 2011

Il senso del neuroscienziato

Se provi a cercare Joseph Le Deux su Twitter non ti esce nulla. Per vie traverse però ci puoi arrivare, si perché lo trovi come Theamygdaloid, ovvero il nome della sua band. E questo è il senso di essere un neuroscienziato: ovvero non essere necessariamente chiuso nei confini di un laboratorio (indispensabile) perché anche al di là di quei confini si trovano le risposte che cerchi. Questa è una lezione che ho imparato tanto tempo fa. Ho imparato che prima di essere un intellettuale, prima di sentirtici, devi mandare a fanculo ogni tipo di intellettualismo. Altrimenti sei un coglione. E Amen. Le Deux (per chi non lo conoscesse è un famoso neuroscienziato, studioso degli aspetti emozionali del cervello e scrittore dei libri "Il cervello emotivo" e "Il Sé sinaptico") ha evidentemente mandato a fare in culo ogni forma di intellettualismo postmoderno (questa parola non c'entra nulla ma suonava dannatamente bene) e si è messo a suonare con altri scienziati.
Gli amygdaloid...

lunedì 5 dicembre 2011

Quello che ho imparato

A leggere.
A scrivere.
A non leggere merda.
A scrivere merda (con piccole, rare, eccezioni).
Ad ascoltare e non rispondere necessariamente subito. Ma, prima o poi, comunque rispondere.
Ad essere paziente e ad aspettarsi qualcosa, perché se non mi aspetto nulla, nulla ricevo.
Ad ascoltare musica.
Ad ascoltare buona musica.
A guardare le persone negli occhi.
A dar valenza ai sentimenti, miei e altrui.
A togliere l'orologio perché "cazzo, ne sto diventando schiavo...non faccio altro che guardare l'ora!".
A togliere ogni tanto le cuffie dalle orecchie mentre sono sui mezzi, per ascoltare i discorsi dei signori e dei giovani che mi stanno accanto.
Ad alzare il volume delle cuffie, per non ascoltare a volte le scempiaggini della gente sui mezzi, giovani o non che siano.
A non usare le frasi fatte perché non rappresentano mai per intero un pensiero, perché snaturano la complessità che ci caratterizza e perché ci rende un "vuoto qualunque".
A sopportare chi non può fare a meno di utilizzare frasi fatte.
A sopportare in generale.
A non accontentarmi per le persone che mi circondano, a non voler amicizie "tanto per"...
A scrivere ogni tanto un piccolo post su Rossoresina, nonostante il poco tempo e la poca voglia...perché fa bene...e lo consiglia anche il medico!