Resina di un certo livello...

sabato 30 luglio 2011

Il pescatore - Fabrizio De Andrè



All'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura.

E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.

Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.

E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.

Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
è già il rimpianto di un aprile
giocato all'ombra di un cortile.

Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.

Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.

mercoledì 20 luglio 2011

LiberaResina - Un anno di...

...tempo. Un anno dove il tempo s'è dilatato, cambiato. Un anno di cambiamento, in molti casi forzato, dove la discussione la fa da padrona, con gli altri si, ma soprattutto con se stessi. E allora cambia tutto. In un anno ho fatto tante cose anche se un economo direbbe che non ho fatto un bel niente; ho camminato tantissimo, attraverso alberi verdi, spogli, e poi ancora verdi; ho camminato tra i palazzi delle città, infilandomi nei vicoli e uscendone come si esce dai camini, pieni di fuliggine, pieni dell'aria densa della vita quotidiana. Ho visto, o meglio osservato, tutti quei particolari che ho sempre snobbato, sempre ignorato, e ho ne ho scoperta l'importanza. In un anno ho cancellato il ruolo che mi piaceva attribuirmi e facendolo ho capito che era solo e soltanto un ruolo, che il lavoro non rende quello che siamo, ma solo un'infinitesima parte di noi stessi. Ho capito che ho altro, oltre ciò che perdo, che il tempo macina minuti, ore, mesi, e ti restituisce un anno fatto di attesa e ricostruzioni interiori. Ho capito che devo accettarlo, ho capito che fa parte del gioco. In un anno, ho respirato arie diverse, sporche, pulite, puzzolenti, profumate, straniere e nostrane. In un anno il gioco è continuato e continua tutt'ora. 


Un anno di
narcisi e solitudine
specchiandomi
nella mia finitudine,

sporgendomi
su quella viva fissità
che ad ogni respiro moriva un po'
in concentriche

delucidazioni
e fuggevoli illuminazioni.

E in essa tu,
ninfea di bianco fascino,
che aprendoti
sul lago delle vanità

ti apristi a me, perduto in
una sola immagine
vibrante ad ogni sospiro.
E bella e fragile.

Ci guardammo e ci ascoltammo:
silenzi e parole a corredo fecondo del testo della seduzione
e il suono segreto delle brame a musicare la scena.
Poi finalmente un dì ti presi fra le mani
e le tue foglie si adagiarono sui miei palmi
ma il soffio della vita e il suo schiaffo ti fecero presto volare via

Ed ora, qui,
nessun profumo sa di te.
Non ci sei più.
Nell'acqua ciò che è intorno a me
si specchia con me
riflesso in un'immagine
che si anima di quello che anima me.

Resterò qui
un anno, un altro... e quanti più...
specchiandomi
ovunque dove eri tu.
E intorno a me
narcisi e quietudine
e tutto ciò che si anima di quello che anima me.

lunedì 18 luglio 2011

Alternative n.4

Resto ancora un po' dalle parti dello spazio, dalle parti della scienza spinta verso la fantasia, insomma faccio ancora un giro con gli alieni. "Alieno" deriva da "Alius" ovvero "altro". E' un termine dunque che esprime una forte soggettività perché il concetto di altro può essere compreso solo dall'osservatore (o comunicatore e ascoltatore...) e mai in senso generalizzato. Se dunque per noi gli alieni sono coloro che vengono da altri luoghi, per forza di cose noi saremmo alieni nel caso ci incontrassimo con abitanti di altri pianeti. Al di là di questo che, tutto sommato, è un concetto decisamente banale mi chiedevo alcuni giorni fa cosa succederebbe se, in un'ipotetica evoluzione dell'invio di messaggi relativi alla nostra cultura, arrivassimo infine ad inviare nello spazio profondo un intero filamento di DNA.


Mettiamo per assurdo che ci fossimo resi conto che inviare nello spazio dischi con incisi brani musicali potrebbe non sortire alcun effetto, in quanto i lontani ascoltatori potrebbero non comprendere cognitivamente il senso del brano, o addirittura non avere alcuna forma di capacità uditiva; oppure mettiamo che fossimo arrivati alla conclusione che l'invio nello spazio di un disegno dell'uomo e della donna possa scontrarsi con una  intrinseca mancanza di astrazione degli oggetti, e dunque della relativa comprensione dei disegni. A tutto questo potrebbe dunque seguire la decisione di mandare una parte di noi, la parte più rappresentativa a livello biologico e dunque, come detto, il DNA. 

Inviare il DNA quindi significherebbe accettare che l'altro, "l'alieno", possa essere talmente "altro" da non avere praticamente nessun punto di contatto con noi e il nostro funzionamento, e questo significherebbe quindi inviare un documento basilare del nostro essere, che non derivi da nessuna nostra componente cognitiva. Ma cosa succederebbe se i nostri lontani amici, riuscendo a comprendere fino in fondo la natura e le caratteristiche del DNA, decidessero di creare da esso un individuo terrestre? Da questa domanda mi viene in mente la cucina... Si perché quando viaggio e mi cimento nel tentativo di farmi un bel piatto di pasta (giusto per fare un esempio...) il risultato non raggiunge livelli fallimentari solo grazie alle mie sopraffine capacità culinarie. Si perché, nella cucina gli elementi fondamentali non sono solo le capacità del cuoco ma anche l'acqua adoperata, l'aria, il tasso d'umidità e così via... Allo stesso modo immagino che l'ambiente biochimico necessario per la creazione del terrestre sarebbe difficilmente del tutto identico a quello della terra. Ma poniamo che i nostri alieni riescano a trovare tutti, tutti, gli ingredienti giusti... il problema sarebbe un altro, e ben più complesso. Si perché un individuo nato e cresciuto sul pianeta XYZ non sarebbe affatto un vero essere umano. Data la natura plastica del nostro cervello, come del nostro funzionamento cognitivo, che ci permette di apprendere nuove lingue, nuovi comportamenti, nonché nuove arti e capacità, il nostro povero oriundo spaziale si ritroverebbe ricolmo delle funzioni intellettive (e soprattutto linguistiche) del popolo XYZ, anche se con limiti dettati dall'evoluzione umana. Diciamo che sarebbe una via di mezzo tra i nostri limiti e propensioni e le caratteristiche ambientali offerte da XYZ. Ma questo è solo uno dei modi in cui potrebbe finire la storia, perché prima ancora di immaginare uno dei nostri, con in testa il caos spaziale, dovremmo convincerci che la possibilità di trovare qualcuno che funzioni (al di là della cultura) nel nostro identico modo, è estremamente bassa. Ma forse la nostra è una convinzione romantica e un po' infantile, una sorta di speranza di trovare un nostro fratello gemello nello spazio, una sorta di anima gemella che non ci faccia più sentire così, tremendamente, soli.

sabato 9 luglio 2011

LiberaResina - Solo oggi

Mattine d'estate. Mattine bruciate dal sole, dal vento caldo che non risparmia nulla. E quello che fai è trascinarti, tra i sorrisi, tra le chiacchiere. Tra i numeri. E Luglio è qui, con i suoi numeri sempre pronti ad aumentare, mai diminuire. Giusto o sbagliato, bisogna chiederselo mentre si vive, mentre si parla o si guarda, mentre si ragiona o si lavora. Giusto o sbagliato. E i numeri aumentano, quasi fossero riti malevoli, quasi fossero preghiere d'un rosario. Luglio sembra quasi dicembre, ha il suo natale. Se dovessi scegliere un mese in cui morire (e dai anche io morirò, non ho svelato nessun finale a sorpresa) probabilmente sceglierei Luglio. Se dovessi scegliere un mese da vivere, vivere ciclicamente sempre lo stesso, non sceglierei Luglio, perché questo è un mese di passaggio, come quelle cose che usi poco, distrattamente, e alle quali tieni tanto quando poi diventi vecchio. Non vedevo l'ora arrivasse quando ero bambino, ma ora non lo sono più. Ora ci sono decine d'anni a frappormi dalla mia immagine infantile. E la mia versione ottantenne mi strizza l'occhio mentre tira fuori tutte le cose della sua vita che sempre ha messo in disparte, e a cui tiene di più.
Solo per oggi, tutto questo, concedetemelo.

sabato 2 luglio 2011

Universi olografici - Parte III - Il resto

Cosa rimane oltre le cose che già ho detto? Tutto il resto... Si perché le piastre olografiche e la teoria delle tracce mnestiche sono solo il punto di partenza per un discorso che potrebbe avere confini più ampi di quanto si immagini. E allora "tutto il resto" non significa certo che ogni singola cosa debba rientrare in una visione di questo tipo. bensì che ci sono altre cose alle quali fare riferimento. Quando chiedevo se la questione dei cerchi olografici ricorsivi e della registrazione neurale della memoria vi facesse venire in mente dell'altro mi riferivo a questo: 

o meglio non esattamente a questo, ma a quello che rappresenta. Quest'opera di Escher rappresenta la ricorsività nella natura. Sappiamo tutti che i pesci non sono formati da squame a forma di se stessi, eppure questo in un certo qual senso è effettivamente vero. Basti pensare al DNA, un copia non esplicitata di quello che siamo contenuta dentro ogni cellula. Come se noi fossimo ripetuti miliardi di volte in forma più semplice per poter essere gli individui unici e indivisibili che siamo, nella stessa maniera in cui l'ologramma è formato da molteplice immagini del medesimo e proprio come i nostri ricordi sembrano essere formati da circuiti neurali ripetuti molteplici volte in specifiche aree cerebrali per formare poi un'unica esperienza soggettiva. Ma tutta l'importanza della teoria olografica viene acquisita grazie alla teoria di David Bohm sull'Universo olografico. Secondo il fisico l'universo funzionerebbe proprio come un ologramma, con un ordine implicito,
a noi del tutto sconosciuto, ed uno esplicito il quale viene compreso dal nostro cervello in un modo molto simile a come farebbe con un ologramma, attraverso onde di interferenza. La sostanza è che quello di cui abbiamo esperienza sarebbe "solo" una rappresentazione, di qualcosa che in realtà non conosciamo affatto: anzi, anche noi faremmo parte di questa rappresentazione. In questo discorso ne rientrerebbe anche un altro, ancora più grande ovvero quello della limitatezza sensoriale e i presupposti derivati dal principio di indeterminazione di Heisenberg che prevedono che la scienza (e anche noi) possa conoscere solo entro i nostri limiti sensoriali.
Ad ogni modo, quella dell'universo olografico è solo una teoria, ma quello che davvero ritengo importante da tutta questa menata che vi ho fatto è che la ricorsività c'entra, sia nei nostri cervelli che nelle nostre menti come nell'universo. 
Auguri.

venerdì 1 luglio 2011

Universi olografici - Parte II - Cervello

Il cervello è un organo estremamente ardito nel suo funzionamento, lo si sa, e la comprensione di ogni sua funzione sembra essere un rebus. Nei primi anni del '900 il neurochirurgo W. Penfield fece una scoperta fantastica: la stimolazione, tramite elettrodo, sulla superficie cerebrale dei lobi temporali produce nel paziente (è possibile fare operazioni cerebrali con paziente sveglio perché l'encefalo non ha recettori del dolore) flash di ricordi vividissimi. Quindi: io stimolo un punto e tu ricordi! Perfetto! Penfield ha scoperto che la memoria si localizza in punti specifici. Invece no. Cosa succede infatti quando, per varie ragioni, si asportano ampie parti di cervello? Si perde parte dei ricordi risponderebbe il prode Penfield...e invece no. Con Lashley e Pribram siamo giunti alla conclusione che i ricordi non possono avere una locazione specifica, nonostante lo strabiliante esperimento dell'elettrodo condotto da Penfield. Estese ablazioni cerebrali possono addirittura non risultare in perdite amnesiche! Da qui Karl Pribram (nella foto qui sotto) ha sviluppato una teoria a dir poco strabiliante, 
No, non porta i regali il 25 Dicembre


quella del "Cervello Olografico". Prendendo spunto dal funzionamento dell'Ologramma, secondo il Dott. Pribram il Cervello non funzionerebbe immagazzinando l'informazione in specifici punti, come la logica suggerirebbe e come ha suggerito al Dott. Penfield, ma attraverso una distribuzione massiva dell'informazione, una distribuzione ricorsiva. Ricordate i cerchi sulla piastra olografica? Ebbene un ricordo potrebbe essere immagazzinato in questa maniera, per estese porzioni cerebrali, in sovrapposizione con altri schemi di immagazzinamento di altri ricordi. Il vantaggio evolutivo appare evidente: una lesione focale (concentrata in uno specifico punto) non risulterebbe in una perdita del ricordo, e quindi permetterebbe un vantaggio evoluto. E infatti vi ricordate cosa è successo quando in un atto di sadica gioia abbiamo rotto in due pezzi la piastra al povero proprietario? Esattamente quello che succederebbe al cervello del paziente del Dott. Penfield se asportassimo esattamente l'area che, una volta stimolata, ha prodotto il ricordo: nulla. La piastra ha continuato a riprodurre l'immagine proprio come il paziente continuerebbe ad avere il medesimo ricordo. Vi ripeto la domanda: tutta questa storia non vi ricorda dell'altro?