Resina di un certo livello...

mercoledì 30 maggio 2012

I giorni miei


Questi giorni qui sembrano quasi malvagi. Sembrano quei giorni unici, unici nel tempo del mondo, in cui il significato delle cose diviene pungente, articolato in ogni sua sfaccettatura, in ogni sua complessità. Ci si rende conto di che giorni sono guardando la fila di macchine a formare colonne, mentre fuori il cielo e il caldo gridano compagnia. Ci si rende conto del mio tempo ascoltando i discorsi, i litigi e i silenzi seminati in giro. Mi rendo conto che questi miei giorni altro non sono che il riflesso di quel che ricorderò da vecchio, il nostalgico sospiro di chi ha finito la strada da percorrere, e si riempie di qualcosa che non gli è mai appartenuto. E così faccio ora: rincorro con amore il ricordo dei decenni passati, mitizzando anni maledetti da altri, proprio come ora faccio io con i miei.
Questi miei giorni si distinguono per la più completa indifferenza, e per l'incapacità di tutti di comprendere e di far proprio questo nostro tempo. Questi giorni miei sono un po' così. Difficili.

giovedì 10 maggio 2012

C'è chi fa pentole...e chi si dedica ai coperchi

C'è un proverbio che recita così: "Il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi". Un po' criptico, in effetti, e di significati da attribuirgli ce ne sarebbero. E' popolare, ok, e l'interpretazione più di tanto sofisticata non potrà essere, ma questo non mi ha fermato dal pensare a come le pentole e i coperchi siano complementari e a come la sinergia dei due oggetti porti ad un prodotto migliore rispetto ad un altro eventuale, derivato dal loro utilizzo separato (migliore per velocità di preparazione, cottura...). Ora, dire che il diavolo produce pentole potrebbe simboleggiare che le sue azioni sono incomplete, sono drasticamente imperfette e quindi con un perenne margine di miglioramento. Ma, a meno che non si parli di lezioni di educazione domestica nei piani bassi della terra, dubito che quel diavolo possa davvero essere lui 


il cattivo di turno
quindi sarebbe utile chiarire. Nella tradizione cristiana il diavolo rappresenta, tra le altre cose, la tentazione la quale se soddisfatta conduce al peccato, ma la tentazione per essere tale deve essere necessariamente legata  al soddisfacimento di bisogni sopratutto corporali. Tornando al nostro proverbio dunque il diavolo potrebbe simboleggiare quella parte più bassa che l'uomo possiede, una parte istintuale e devota alla soddisfazione grezza e immediata. Ma se ipotizziamo davvero che in fondo quel diavolo lì non sia il diavolo della religione possiamo anche estendere il concetto non solo ai bisogni immediati e diretti, ma anche più semplicemente a quelli basilari (vedi la fame...eh si, quindi la pentola). In questa visione delle cose, allora, la fame e il bisogno ti porta ad un'immediata soluzione, e quindi all'uso immediato della pentola del proverbio. Ma il diavolo fa SOLO le pentole... Dunque se abbiamo una pentola il cui utilizzo è impreciso e/o lento, e dunque costantemente migliorabile, chi la migliora? Chi fa i coperchi? Non essendo un trattato di filosofia ma solo un proverbio potremmo adottare la soluzione del contrario, e allora: il contrario del bisogno e della necessità più bassa, non può che essere il pensiero, il ragionamento. Mentre la parte più bassa e primitiva del nostro essere pensa a costruire una pentola per l'immediata soddisfazione, la parte più elevata ed evoluta di noi ritorna sui suoi passi per migliorarsi, per porre quel qualcosa in più che avvicina l'oggetto alla perfezione. 
Ma tra le pentole e il coperchio, mi sembra ovvio, c'è un legame indissolubile e sopratutto un processo intrinseco: non può nascere prima il coperchio della pentola, perché tutto possiede una propria evoluzione...