Resina di un certo livello...

martedì 14 giugno 2011

Pregiudizi on the road

Una volta una persona mi ha detto :<< Si, ok, il pregiudizio sarà un vizio di forma mentale, sarà un errore, ma prima di dire che è completamente sbagliato forse bisognerebbe avvicinarsi il più possibile alla realtà che vive colui che formula il pregiudizio. Dirlo così, da esterno, è troppo facile.>>. E' vero, non c'è nulla da fare. Non avendo nulla a che fare con la situazione che ha scaturito il pregiudizio non si potrà comprendere nulla di esso, tanto meno la sua vicinanza con la realtà dei fatti... Potrei ora fare una caterva di esempi più o meno inflazionati partendo naturalmente dagli extracomunitari, passando poi per le categorie sociali e lavorative per finire in grande stile con le differenze sessuali. Insomma: c'è un mondo vivo e pulsante che aspetta infamie e turpiloqui. Ma ho deciso di non farlo. No, sarebbe troppo facile. Ho deciso invece di prendere come esempio, qualcosa di di più soft, qualcosa di quotidiano ma di non inflazionato, qualcosa che spesso è denigrato dalle persone ma che non infiamma le discussioni. La parola del giorno è: videogames.  Videogames...giochi a video. Già dal nome stesso partiamo male e mi trovo in salita. Il pregiudizio che spesso si lega ai videogames è appunto caratterizzato dal fatto che vengono considerati dalle persone in qualità di meri giocattoli visivi, qualcosa quindi destinato ad un pubblico di infanti e di infantili, qualcosa che non possa insomma offrire nulla al di là del solo intrattenimento. Il problema, come per quasi tutti i pregiudizi, è la base di realtà: i videogiochi nascono in questo modo e per questo scopo e la loro primissima e significativa evoluzione (tra gli anni 80 e i 90) è rientrata comunque in questa accezione. Questo porta ad oggi ad un immaginario collettivo legato a quel tipo di intrattenimento, aiutato poi da schifezze senza senso audiovisivo alcuno. Vedasi questo: 

Quello che sto cercando di dire è che è vero, da un certo punto di vista, che i videogiochi non sono altro che giocattolosi intrattenimenti i quali, una volta dismessi, non lasciano altro che le ore trascorse ad usarli. Ma vi sembra forse possibile che non vi sia un'alternativa? I film sono tutti demenziali o d'azione? Siete pronti a scommettere importanti parti del vostro corpo (senza citare quali) che tutti i cittadini di un determinato stato puzzino o siano criminali? O che tutti gli appartenenti di una determinata categoria di lavoratori sia effettivamente figli di una poco di buono? Ecco: allora non tutti i videogames saranno necessariamente una schifezza (vedi sopra). E allora, se un pregiudizievole si avvicinasse giusto con un pizzico di umiltà ad opere audiovisive come questa 

scoprirebbe la differenza tra un film e un videogioco e la ragione d'esiste di questi ultimi. Volete che ve la dico? Ok: i primi sono passivi, assorbi un'atmosfera e un messaggio, i secondi invece sono attivi, vivi quell'atmosfera decidendo tu come viverla e districandoti in un mondo interattivo. E' questa la vera ragione d'essere: l'interattività. Per la prima volta le opere che creiamo interagiscono con noi, richiedendoci determinate abilità e decisioni. Il nostro caro pregiudizievole dunque premendo "start" si troverà a dover risolvere problematiche legate sempre al ragionamento le quali possiedono anche un certo margine di adattabilità alle nostre azioni. Poi viene l'atmosfera, poi la storia e il mondo coerente sempre con se stesso. Se accendi la tv e trovi un film scadente non puoi ritenere che tutti i film lo siano (neppure se ne trovi dieci di fila), così per i libri, così per le persone...così per i videogiochi. The legend of Zelda è un esempio, sia chiaro, ma tra tutti penso sia l'esempio migliore. A distanza di tredici anni molti ancora si incantano davanti a ciò che offre, e molti ancora questionano sui significati nascosti di trama, simboli e gameplay. Questo a significare di come qualcosa che nasce per il solo intrattenimento, possa maturare e offrire riflessione in ogni suo aspetto. 
Dunque è vero: per parlare e smontare il pregiudizio bisogna conoscere i fatti che conducono ad esso, bisogna attingere a piene mani nelle situazioni da cui origina per capirne poi al meglio gli aspetti. Ma poi bisogna tornarne indietro, coscienti del peggio, per apprezzarne il meglio. 



4 commenti:

  1. Letto!
    Che dire, sono d'accordo!
    Dal pregiudizio se ne esce soltanto tramite la conoscenza. E Ocarina of time è un ottimo esempio a riguardo.

    E io aggiungo, per esperienza personale: mio padre era fortemente contrario ai videogiochi, poi un giorno, per Snes, mi prestarono Simcity. Gli ricordava i giochi che faceva da bambino.

    Morale?
    Adesso ha 60 anni passati e si è adagiato su age of empire...

    Se non è la caduta d un pregiudizio questo... :D

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  2. Bravo Minkia senior! Comunque, come scritto nell'articolo, penso che la conoscenza non porti necessariamente all'abbattimento del pregiudizio, ma ad una consapevolezza più ampia dei fatti. Tuo padre ad esempio si sarà invaghito dei giochi come age of empire ma se lo metti davanti ad un...che so...gt, un gta, un cod e così via magari ribadirà lo stesso concetto di contrarietà ai vg. Stessa cosa vale ad esempio per il pregiudizio verso categorie di persone: conoscere approfonditamente la categoria farà riflettere il pregiudizievole sugli aspetti gradevoli della categoria in questione, e magari farà acuire il disprezzo per le caratteristiche già odiate. Insomma, immergersi nel pregiudizio significa far abbandonare certe idee all'altro, ma magari (per te che ti ci immergi) anche acquisirne delle ulteriori, negative.

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