Resina di un certo livello...

lunedì 18 luglio 2011

Alternative n.4

Resto ancora un po' dalle parti dello spazio, dalle parti della scienza spinta verso la fantasia, insomma faccio ancora un giro con gli alieni. "Alieno" deriva da "Alius" ovvero "altro". E' un termine dunque che esprime una forte soggettività perché il concetto di altro può essere compreso solo dall'osservatore (o comunicatore e ascoltatore...) e mai in senso generalizzato. Se dunque per noi gli alieni sono coloro che vengono da altri luoghi, per forza di cose noi saremmo alieni nel caso ci incontrassimo con abitanti di altri pianeti. Al di là di questo che, tutto sommato, è un concetto decisamente banale mi chiedevo alcuni giorni fa cosa succederebbe se, in un'ipotetica evoluzione dell'invio di messaggi relativi alla nostra cultura, arrivassimo infine ad inviare nello spazio profondo un intero filamento di DNA.


Mettiamo per assurdo che ci fossimo resi conto che inviare nello spazio dischi con incisi brani musicali potrebbe non sortire alcun effetto, in quanto i lontani ascoltatori potrebbero non comprendere cognitivamente il senso del brano, o addirittura non avere alcuna forma di capacità uditiva; oppure mettiamo che fossimo arrivati alla conclusione che l'invio nello spazio di un disegno dell'uomo e della donna possa scontrarsi con una  intrinseca mancanza di astrazione degli oggetti, e dunque della relativa comprensione dei disegni. A tutto questo potrebbe dunque seguire la decisione di mandare una parte di noi, la parte più rappresentativa a livello biologico e dunque, come detto, il DNA. 

Inviare il DNA quindi significherebbe accettare che l'altro, "l'alieno", possa essere talmente "altro" da non avere praticamente nessun punto di contatto con noi e il nostro funzionamento, e questo significherebbe quindi inviare un documento basilare del nostro essere, che non derivi da nessuna nostra componente cognitiva. Ma cosa succederebbe se i nostri lontani amici, riuscendo a comprendere fino in fondo la natura e le caratteristiche del DNA, decidessero di creare da esso un individuo terrestre? Da questa domanda mi viene in mente la cucina... Si perché quando viaggio e mi cimento nel tentativo di farmi un bel piatto di pasta (giusto per fare un esempio...) il risultato non raggiunge livelli fallimentari solo grazie alle mie sopraffine capacità culinarie. Si perché, nella cucina gli elementi fondamentali non sono solo le capacità del cuoco ma anche l'acqua adoperata, l'aria, il tasso d'umidità e così via... Allo stesso modo immagino che l'ambiente biochimico necessario per la creazione del terrestre sarebbe difficilmente del tutto identico a quello della terra. Ma poniamo che i nostri alieni riescano a trovare tutti, tutti, gli ingredienti giusti... il problema sarebbe un altro, e ben più complesso. Si perché un individuo nato e cresciuto sul pianeta XYZ non sarebbe affatto un vero essere umano. Data la natura plastica del nostro cervello, come del nostro funzionamento cognitivo, che ci permette di apprendere nuove lingue, nuovi comportamenti, nonché nuove arti e capacità, il nostro povero oriundo spaziale si ritroverebbe ricolmo delle funzioni intellettive (e soprattutto linguistiche) del popolo XYZ, anche se con limiti dettati dall'evoluzione umana. Diciamo che sarebbe una via di mezzo tra i nostri limiti e propensioni e le caratteristiche ambientali offerte da XYZ. Ma questo è solo uno dei modi in cui potrebbe finire la storia, perché prima ancora di immaginare uno dei nostri, con in testa il caos spaziale, dovremmo convincerci che la possibilità di trovare qualcuno che funzioni (al di là della cultura) nel nostro identico modo, è estremamente bassa. Ma forse la nostra è una convinzione romantica e un po' infantile, una sorta di speranza di trovare un nostro fratello gemello nello spazio, una sorta di anima gemella che non ci faccia più sentire così, tremendamente, soli.

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