Resina di un certo livello...

domenica 4 settembre 2011

Shock the evolution

Probabilmente Darwin aveva ragione, oramai (checché ne dicano alcuni) sembra abbastanza assodato. Per la cronaca l'evoluzione non funziona come un miglioramento, una sorta di upgrade, come molti pensano e come ci verrebbe anche spontaneo pensare. L'evoluzione funziona come una sorta di sopravvivenza a random: te sei quello di sempre, io nasco con le ali, in questo ambiente ostile io sopravvivo meglio di te e, per giunta, trovo tra migliaia di altri individui come te uno con la mia stessa caratteristica, ci accoppiamo e i nostri pargoli funzioneranno e sopravviveranno meglio dei tuoi pargoli. Moltiplichiamo per milioni di anni, e si hanno i periodi evolutivi. Insomma si, aveva ragione, ma cosa succede se in questa formula introduciamo ad un certo punto un elemento forse imprevisto, un elemento in grado di assolvere ai "compiti" evolutivi quali la sopravvivenza individuale, ma che si riveli a lungo andare destabilizzante, imprevedibile ; cosa accadrebbe alla formula dell'evoluzione se introducessimo la coscienza?  Ogni organismo, dalle cicadine alle zanzare hanno un funzionamento che rientra perfettamente nei canoni della sopravvivenza e dell'evoluzione, ma solo un organismo presenta le caratteristiche proprie della coscienza e per quanto ci piaccia vedere barlumi di coscienza in animali intelligenti (e anche simili a noi) quali scimmie, cani e delfini, a conti fatti possiamo essere certi al 100% della presenza di coscienza solo in un animale: l'uomo.  Perché ritengo la coscienza un elemento a lungo andare destabilizzante? Semplice: la coscienza, qualora fosse "nata" come nuova caratteristica evolutiva, sarebbe servita senza dubbio a fortificare tutti i caratteri propri della sopravvivenza; per questo basti pensare all'unione tra individui. Se per due cani, l'accoppiamento funziona a periodo, feromoni e lotte intestine nei gruppi, nell'uomo evoluto funziona per "amore", per idealizzazione (e quindi fortificazione) dei sentimenti. La/il nostra/o amata/o non ci appare come il fine della procreazione, ma come la ragione d'essere, di vivere. Non voglio fare del semplice cinismo anche perché, in quanto essere umano, c'entro anche io in questo discorso, ma la coscienza fortifica gli istinti, donandogli delle razionalizzazioni. Ma per l'appunto, al di là di questo, la coscienza, in quanto autoconsapevolezza dell'individuo intelligente, produce alta varietà di comportamento. Ed è questo, a mio avviso, il bivio dell'evoluzione stessa: se da una parte c'è con il resto della sfera animale/vegetale (e c'era con i nostri antenati) il comportamento stereotipato, sicuro e prevedibile, c'è con noi ora una varietà di comportamento che prende si spunto dai nostri istinti e necessità, ma che sfocia poi nell'imprevedibilà. Ma proprio questo punto focale resta quello maggiormente critico in tutto il ragionamento: se un elemento sviluppatosi in un organismo, lo rende meno incline all'autoconservazione, cosa succederebbe se un giorno nascessero individui privi di quello stesso elemento? Cosa succederebbe se un giorno nascessero uomini dove (di nuovo) la coscienza è assente, o che comunque ricopre un ruolo minore? 

3 commenti:

  1. Caro collega, risponderò io alla tua domanda.
    Anzitutto credo che la coscienza sia l'unica cosa che ci distingua dagli animali. L'unica. La coscienza porta con se dei compagni di viaggio, tipo la capacità di creare e condividere un linguaggio per esprimere pensiero, o come l'arte. Ma sono questi dei compagni di viaggio che non prenotano il volo se non Coscienza non decide di intvitarli. Quindi in realtà nascono continuamente esseri privi di coscienza o con coscienza di ruolo minore: si chiamano animali. Pelo, istinti, aggressività...non sono queste le cose che ci distinguono da loro, queste sono "abitudini" perse in qualche millennio...

    Arch.Melandri

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  2. Ciao, piacere di leggerti. Vedi non mi stavo chiedendo se elementi come pelo, istinto o aggressività ci distinguessero dagli animali, quanto più se la coscienza possa ritenersi come "nuova" caratteristica evolutiva, visto che possiamo accertare (fino a certa prova contraria) di essere gli unici in natura ad esperirne. Ma soprattutto, se questa oltre a preservarci nel breve termine, riesca davvero a preservarci nel lungo termine come razza.

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  3. Caro collega, lei mi piace. MI piace molto il suo modus ponens...che ne direbbe di discutere di tali argomentazioni dinanzi ad un buon sigaro?
    Arch. Melandri

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